Prodotte dall’Alfa Romeo, hanno rappresentato per due decenni la Polizia di Stato sulle strade italiane diventando tra le auto più iconiche di sempre e protagoniste nella cinematografia italiana
di Davide Pinoli
Ci sono due auto che, più di tutte, hanno rappresentato la Polizia nella sua storia: la Giulia e l’Alfetta. Prodotte entrambe dall’Alfa Romeo, segnarono un ventennio di servizio in cui furono protagoniste, oltre che su strade e autostrade nella funzione del proprio ruolo, anche in moltissimi film polizieschi che, soprattutto negli anni 70′ ebbero un grande successo nei cinema di tutta Italia. Cominciamo con il sottolineare che Giulia e Alfetta non sono state due berline «sui generis» ma due modelli di automobili che hanno segnato un’epoca.
La Giulia, prodotta nell’allora stabilimento di Milano Portello, venne presentata nel lontano 1962. Accolta inizialmente con qualche riserva data dalla sua estetica per il periodo assolutamente innovativa, seppe conquistare in breve tempo i favori del pubblico tanto da essere prodotta e aggiornata in vari modelli (TI, Super e Nuova Super) fino al 1978, anno in cui venne sostituita dalla Giulietta dalla forma a cuneo.
La Giulia fu testimone del cambio di colore, dal verde militare al blu con strisce bianche
La Giulia venne fabbricata sempre in due sole motorizzazioni a benzina a cui si aggiunse, sul finire del 1976, una davvero poco riuscita versione alimentata a gasolio con motore da 1700 cc Perkins, che fu così rumorosa e poco performante da essere venduta in soli 6500 esemplari. Tornando alle versioni benzina, i motori bialbero alimentati da 2 carburatori doppio corpo, avevano una cilindrata da 1300 e 1600 cc, con cambio a 5 rapporti, unitamente capaci di far arrivare la vettura fino ad oltre 170 km/h. Nota importante riguardante è che la Giulia fu l’auto sulla quale venne effettuato il cambio di colore delle cosiddette «pantere» che, sempre nel 1976, cambiarono la verniciatura dal verde militare al Blu con strisce bianche.
L’Alfetta, tante innovazioni all’avanguardia
Giulia e Alfetta sono state due auto di classi diverse: l’Alfetta nasce nel 1972 per sostituire l’Alfa 1750 (una importante berlina costruita sul pianale e sulla meccanica della Giulia) con non poche innovazioni tecniche davvero all’avanguardia per il periodo.
Le motorizzazioni furono inizialmente due, 1600 e 1800 cc a cui negli anni si aggiunse la 2000cc, la 2000 C.E.M. e la Diesel da 2400 con motore VM. La grande novità era però rappresentata dallo schema «Transaxle» della trasmissione, ovvero frizione e cambio in blocco col differenziale al posteriore e freni a disco «Inboard» (cioè un sistema frenante posteriore montato sul differenziale e non più sulle ruote), associato allo schema sospensivo De Dion, per una ripartizione dei pesi 50–50.
Un miglioramento notevole in tema di tenuta di strada e stabilità rispetto all’Alfa 1750, di cui mantiene il motore rivisto e, come detto, leggermente aumentato in cilindrata e potenza. I motori restarono di base gli stessi della Giulia anche se, nel tempo e nell’evoluzione delle cilindrate, i due carburatori doppio corpo vennero sostituiti dapprima dall’iniezione elettronica e sugli ultimi modelli denominati «Quadrifoglio Oro», ulteriormente ammodernati da un sistema di iniezione e accensione Bosch Motronic con variatore di fase, che consentiva prestazioni da oltre 190 km/h.
A differenza della Giulia, l’Alfetta verrà prodotta (dal 1972 al 1984) nello stabilimento Alfa Romeo di Arese e, pur se ancora valida e performante, verrà sostituita da una non altrettanto apprezzata Alfa 90. Nel corso degli anni successivi, saranno molte le auto che dalla già citata Giulietta alla esagerata Lamborghini Uracan saranno messe a disposizione dei reparti di Polizia, ma nessuna di loro arriverà mai ad essere iconica come le due indimenticate vetture del Biscione.